I Rifiuti

Qui sotto è riportato l’articolo pubblicato sul mensile “La Piazza” nel numero di Luglio 2015 (Anno XII – Numero 7) intitolato “I Rifiuti”.

L’uomo consuma sempre più risorse e contemporaneamente produce più rifiuti, senza rendersi conto che le materie prime e l’energia sono limitate. Si consuma per produrre qualcosa, usarlo e subito dopo buttarlo. In realtà ciò che si scarta può essere molto utile per qualcos’altro ed avere una nuova vita, come succede in natura dove, per fare un esempio, il letame è un fertilizzante essenziale. E’ necessario cambiare punto di vista: lo smaltimento dei rifiuti che oggi è un problema può diventare una fonte di energia, di materie prime e fornire occupazione e lavoro.

Cosa sono i rifiuti?
I rifiuti sono materiali di scarto od avanzo delle attività umane, che sono basate sull’utilizzo di materia ed energia per la produzione dei beni di consumo, i quali diventano obsoleti ed inutili alla fine del loro utilizzo da parte dell’uomo. Ma il rifiuto è un’idea che appartiene solo al mondo umano, infatti in natura non esiste questo concetto, in quanto ciò che è scartato da alcuni organismi rappresenta una risorsa per altri esseri viventi. Quello che per noi è inutile, può servire a qualcun altro.

Dove finiscono i rifiuti?
I rifiuti solidi urbani possono essere avviati in discarica, essere riciclati (carta, vetro, plastica, legno e metallo), subire un trattamento meccanico biologico, un processo di trasformazione (compostaggio della frazione umida) oppure essere inviati ad incenerimento (termodistuzione).

Quanti rifiuti produce l’Italia?
Nel 2013 gli italiani hanno prodotto 29,6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, di cui 10,9 (37%) smaltiti in discarica, 12,5 (42%) recuperati, 5,4 (18%) avviati ad incenerimento e 0,8 (3%) usati come combustibile per impianti industriali oppure esportati, il che corrisponde ad una produzione di rifiuti urbani di 487 kg/anno per abitante (quasi 5 quintali annui per ogni italiano). Una quantità di scarti giornalieri enorme e sufficiente addirittura a colmare fino a 2 metri d’altezza e per ben 43 volte il nostro nuovo campo sportivo comunale. Si consideri inoltre che 1,2 milioni di tonnellate di questi rifiuti (per un valore di circa 8 miliardi di euro) sono costituiti dagli avanzi alimentari che le famiglie italiane gettano nella spazzatura, pari a 49 kg di alimenti che ogni anno una famiglia compra, cucina ma non consuma e getta nel secchio. Questo dato è scandaloso e rispecchia bene la società mondiale attuale: in alcune zone si muore di fame (1 miliardo di persone secondo la FAO) mentre in altre si spreca il cibo.

Quanti rifiuti produce l’Europa?
Nel 2012 i cittadini europei hanno prodotto 247 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, di cui 84 (34%) smaltiti in discarica, 66 (27%) avviati a riciclaggio, 36 (15%) recuperati con il compostaggio, 57 (23%) inviati ad incenerimento e 4 (1%) per altri usi. Una quantità di scarti sufficiente a colmare fino a 2 metri d’altezza e per ben 137.222 volte il nostro nuovo campo sportivo comunale. Inoltre, 38 milioni di tonnellate (pari a 250 miliardi di euro) sono costituiti dagli avanzi alimentari che le famiglie europee gettano nel secchio, di fronte a 79 milioni di cittadini europei che vivono al di sotto della soglia di povertà e 16 milioni che dipendono dagli aiuti alimentari forniti dalle organizzazioni caritative. Senza considerare che il cibo sprecato produce lungo il suo ciclo di vita emissioni di gas serra pari a 170 milioni di tonnellate di CO2 eq/anno (3% delle emissioni totali Europee).

Dal problema una risorsa
Lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è un problema che ci assilla, basti pensare all’emergenza avvenuta in Campania, oppure più vicino a noi alla chiusura della discarica dell’Inviolata. Un problema che invece si potrebbe trasformare in una preziosa risorsa, in quanto quello che pensiamo sia uno scarto è in realtà una fonte di materie prime ed energia, senza considerare gli importanti risvolti occupazionali che produrrebbe la realizzazione di impianti di trattamento meccanico biologico o di compostaggio. Quindi iniziamo ad adottare comportamenti intelligenti: usare, riusare, recuperare e produrre beni totalmente riciclabili. Insomma smettiamo di guardarli come rifiuti, ed iniziamo a scoprire le risorse che nascondono.
Fonte: Rapporto rifiuti urbani 2014 Ispra

Il cemento armato

Qui sotto è riportato l’articolo pubblicato sul mensile “La Piazza” nel numero di Giugno 2015 (Anno XII – Numero 6) intitolato “Il cemento armato”.

Le costruzioni realizzate dall’uomo non resistono in eterno, qualsiasi materiale sia stato utilizzato, infatti hanno una vita media più o meno lunga che dipende sia dalla cura dedicata alla realizzazione, sia dagli eventi naturali a cui sono sottoposte. Altri fattori importanti che influenzano la durata di un edificio sono la qualità dei materiali utilizzati e la periodicità di manutenzione e restauro degli elementi strutturali edilizi. Infine non si possono trascurare i danni provocati da incendi, terremoti oppure cicloni.
Però la resistenza degli edifici moderni è irrisoria rispetto alla sapienza costruttiva dei romani, o anche a quella dei mastri costruttori medioevali, le cui opere edilizie sono arrivate sino a noi percorrendo secoli di storia e superando numerosi eventi naturali; eppure non conoscevano il calcestruzzo armato che entra in scena solo intorno alla metà del XIX secolo. Per gli antichi l’arte di innalzare un muro richiedeva la conoscenza di come impastare una buona malta, i giusti dosaggi tra legante, acqua ed inerte, e la tecnica di allettare i mattoni in modo tale che collaborassero attivamente alla portanza del muro.

Cos’è il cemento armato?
Il conglomerato cementizio armato, comunemente chiamato cemento armato, è un materiale usato per la costruzione di opere civili, costituito da calcestruzzo (miscela di cemento, acqua, sabbia e ghiaia) e barre di acciaio (armatura) annegate al suo interno ed opportunamente sagomate ed interconnesse fra di loro.

Il cemento armato è eterno?
No. Eliminate le cause di degrado della struttura non dipendenti intrinsecamente dal materiale (calcestruzzo non confezionato bene, deficienza nella messa in opera, errori di progettazione, fondazioni non adeguate) rimane però la limitata durata di vita del calcestruzzo. Secondo il DM 14/01/2008 (norme tecniche sulle costruzioni) la durabilità o durevolezza è definita come conservazione delle caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali, proprietà essenziale affinché i livelli di sicurezza vengano mantenuti durante tutta la vita dell’opera. A livello europeo la UNI EN 206 fornisce prescrizioni tese a garantire un’adeguata durabilità del calcestruzzo armato e contrastare le più comuni cause di degrado, le quali sono strettamente legate alla porosità e alla permeabilità del conglomerato, poiché permettono agli agenti aggressivi di penetrare all’interno della struttura. Tra le ragioni di deterioramento più frequenti ci sono queste:
– chimiche: agenti chimici naturali come i solfati, l’anidride carbonica, i cloruri, gli alcali, l’ammonio decalcificante, e gli agenti chimici non naturali come gli acidi, le basi ed i sali;
– fisiche: le variazioni termiche naturali di gelo/disgelo ed il ritiro da essiccamento;
– meccaniche: come l’erosione, le vibrazioni ed il sisma.
I principali effetti di queste azioni deterioranti sono le seguenti:
– il dilavamento della pasta di cemento da parte dell’acqua;
– la fessurazione del calcestruzzo;
– la corrosione delle armature in ferro.
La durabilità quindi dipende fortemente dalla permeabilità all’acqua che è legata al tipo di inerti, alla classe del cemento ed al rapporto acqua-cemento del conglomerato; è fondamentale anche la qualità e lo spessore del copriferro per garantire alle opere in c.a. un’adeguata protezione in relazione alle condizioni aggressive dell’ambiente dove sarà costruita l’opera.
Oggi è ancora troppo presto per calcolare la vita media di un edificio costruito in cemento armato, ma attenzione a non cadere nella tentazione di considerarlo indistruttibile, visti i suoi numerosi punti deboli ed i frequenti errori/negligenze nella posa in opera. Cito una frase emblematica del Natale Gucci, Professore di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università di Pisa, che diceva: “Il cemento armato non è altro che una bomba ad orologeria”. Spero che riusciremo a disarmarla!