Invio APE su portale ENEA

La Regione Lazio ha istituito la banca dati nazionale denominata SIAPE (Sistema Informativo per la gestione degli Attestati di Prestazione Energetica) per la raccolta dei dati relativi agli APE, compatibile con i sistemi informativi nazionali e regionali esistenti, con il DGR 509/2016. Il portale è in collaborazione con ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Invio APE su portale ENEA.
L’Attestato di Prestazione Energetica, che confluisce nella banca dati, è il documento informativo di “etichetta dell’edificio”, che permette di conoscere in modo semplice ed intuitivo le prestazioni energetiche dell’edificio, cioè la quantità annua di energia primaria effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare, con un uso standard dell’immobile, i vari bisogni energetici dell’edificio, la climatizzazione invernale e estiva, la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari, la ventilazione e, per il settore terziario, l’illuminazione, gli impianti ascensori e scale mobili.
La principale informazione riportata sull’APE è l’indice di prestazione energetica non rinnovabile (EPgl,nren), che indica il fabbisogno annuale di energia primaria non rinnovabile relativa a tutti i servizi erogati dai sistemi tecnici presenti. Questo indice identifica la classe energetica dell’edificio in una scala da A4 (edificio più efficiente) a G (edificio meno efficiente).
Il portale web per l’invio degli Attestati di Prestazione Energetica è questo: https://www.apelazio.enea.it/

Il pianeta rosso

Qui sotto è riportato l’articolo pubblicato sul mensile “La Piazza” nel numero di Giugno 2018 (Anno XV – Numero 5) sul pianeta rosso del sistema solare.

Il quarto pianeta dal Sole, subito dopo la Terra, è Marte: un mondo polveroso, freddo, deserto e con una sottile atmosfera. Questo pianeta ha le stagioni, le calotte polari, vulcani estinti e canyon. È uno dei corpi più esplorati del nostro sistema solare, ed è finora l’unico pianeta dove abbiamo inviato rover per esplorare il territorio. Le missioni Nasa hanno trovato molti indizi sul fatto che Marte fosse più caldo e piovoso, almeno miliardi di anni fa. Furono i Romani a chiamarlo così, come il loro dio della guerra, a causa del suo colore rosso come il sangue, mentre gli Egiziani lo chiamavano “Her Desher” che significa proprio “quello rosso”.

Marte in numeri
Il pianeta rosso ha un diametro di 6.800 km, la metà della Terra (13.000 km), con un’inclinazione di 25°, una lunghezza dell’anno di 687 giorni e una forza gravitazionale metà della nostra. Appartiene al gruppo dei “pianeti terrestri”, dove però sembra non essere presente vita biologica complessa, d’altronde vi è una temperatura media di -50°C. Marte dista 228 milioni di km dal Sole, orbita alla velocità di 100.000 km/h, e possiede due piccole lune (la nostra ha un diametro di 3.500 km): Phobos (22 km) e Deimos (12 km). Ha una massa 10 volte inferiore a quella della Terra, con un volume pari ad 1/6 del nostro, un’atmosfera costituita principalmente di biossido di carbonio (96%). La forza di gravità è debole, si pensi che sulla sua superficie il peso di un uomo sarebbe 1/3 (quindi basta trasferirsi su Marte per risolvere tutti i problemi di dieta).

Formazione
Quando il sistema solare stava sviluppando la sua attuale configurazione, 4 miliardi di anni fa, Marte nacque dalla forza di gravità che accentrò gas e materiale per formare il quarto pianeta del sistema solare. Come tutti i pianeti terrestri, Marte ha un nucleo centrale (ferro, nichel e zolfo), un mantello roccioso ed una crosta solida (ferro, magnesio, alluminio).
Presenta interessanti caratteristiche topografiche, infatti i vulcani, i meteoriti, i movimenti geologici e le condizioni atmosferiche, come le forti bufere di sabbia, hanno modellato fortemente il panorama marziano. Troviamo l’enorme canyon di “Valles Marineris” lungo 5.000 km e largo 7 km ed il più grande vulcano del sistema solare chiamato “Olympus Mons” (tre volte più alto del monte Everest).

Acqua
Marte sembra aver avuto molti fiumi antichi, delta e laghi d’acqua, rocce e minerali formatisi dall’erosione dell’acqua liquida (nella figura trovate l’immagine di Marte quando era giovane e come è ora). Oggigiorno, si può trovare l’acqua solamente sotto forma solida nelle regioni polari. Infatti si trovano condizioni troppo sfavorevoli per la sua esistenza in forma liquida: le temperature oscillano dai 20°C sino ai -153°C. Inoltre, se si fosse in piedi sulla superficie di Marte a mezzogiorno, si sentirebbe un tepore primaverile di 24°C ai piedi, ed un gelido vento invernale all’altezza della testa. Alcune volte i venti marziani sono così forti da creare delle bufere di polvere che avvolgono tutto il pianeta, e servono mesi prima che questa si depositi.
Gli scienziati non si aspettano di trovare forme di vita sul pianeta rosso, ma stanno cercando i segni della loro lontana esistenza, quanto il pianeta era più caldo e ricoperto d’acqua. Proprio a giugno il rover Curiosity della Nasa ha trovato delle nuove evidenze conservate nelle rocce sedimentarie che suggeriscono un’antica vita organica molecolare su Marte.

Le lune
Marte ha due lune a forma di patata perché queste hanno una massa così piccola che la gravità non è riuscita a renderle sferiche. I loro nomi derivano dai cavalli del Dio della guerra. Phobos, la luna più grande ed interna, si sta lentamente muovendo verso il pianeta sul quale si schianterà tra circa 50 milioni di anni.
Scrivere per il giornale “La Piazza” è stata l’occasione per scoprire nuove curiosità scientifiche, una mia passione che spero di essere riuscito a condividere anche con voi!

Illuminazione d’emergenza autorimesse

La norma di prevenzione incendi per le autorimesse, il DM 01/02/1986, prevede l’obbligo di illuminazione d’emergenza solo per le autorimesse con capacità superiore a trecento autoveicoli (Illuminazione d’emergenza autorimesse).
Per le norme di sicurezza, nei locali sotterranei o semi-sotterranei il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima, ai sensi dell’articolo 65 del D.Lgs. 81/2008.
Sempre il D.Lgs. 81/2008, al punto 1.5.11. dell’allegato XIV, per le vie e le uscite di emergenza richiede l’illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell’impianto elettrico.
Mentre al punto 1.10.3. dello stesso allegato XIV, per i luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, dispone di nuovo l’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
Infine il DM 10/03/1998, al punto 3.13 dei “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”, per tutte le vie di uscita inclusi anche i percorsi esterni, obbliga all’uso dell’illuminazione artificiale per consentire la loro percorribilità in sicurezza fino all’uscita su luogo sicuro. Inoltre nelle aree prive di illuminazione naturale od utilizzate in assenza di illuminazione naturale, deve essere previsto un sistema di illuminazione di sicurezza con inserimento automatico in caso di interruzione dell’alimentazione di rete.
In conclusione, benché la normativa antincendio non preveda l’uso di illuminazione artificiale e d’emergenza per la autorimesse, questa diventa obbligatoria quando queste sono luoghi di lavoro ai sensi del D.Lgs. 81/2008, e un minimo di illuminazione artificiale e d’emergenza risulta comunque necessaria nei luoghi interrati dove manca la luce naturale. In tal senso il responsabile dell’attività, anche se questa non è classificata come luogo di lavoro, deve considerare tale circostanza e prevedere le condizioni di illuminazione minime per l’utilizzo dei luoghi interrati.

Verbale Vigili del Fuoco

Un eventuale controllo dei Vigili del Fuoco, in caso di assenza del titolo autorizzativo (articolo 4 del DPR 151/2011), può comportare la redazione di un verbale d’accertamento di violazione (Verbale Vigili del Fuoco), ai sensi del ex articolo 347 del Codice di Procedura Civile, con le prescrizioni ritenute necessarie dagli ufficiali di polizia giudiziaria, ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs 758 del 19/12/1994.
Copia del verbale è inoltrata alla Procura per l’avvio del procedimento penale. Per fortuna, se si ottempera alle richieste prescritte dai Vigili del Fuoco entro il termine concesso, il contravventore è ammesso a pagare la sanzione amministrative, e successivamente il reato penale viene estinto.
Ai sensi dell’articolo 20 comma 1 del D.Lgs. 758/199, il termine fissato per la regolarizzazione può essere prorogato fino ad un massimo di 6 mesi.
La verifica dell’adempimento sarà effettuata entro 60 giorni dalla scadenza fissata nella prescrizione. L’inadempimento comporta la comunicazione al Pubblico Ministero per il proseguirsi della procedura penale.

Nuovi moduli Vigili del Fuoco

Sono stati introdotti nuovi moduli Vigili del Fuoco per la presentazione di istanze, segnalazioni, dichiarazioni per i procedimenti di prevenzione incendi, come previsto dall’articolo 11, comma 2, del Decreto del Ministro dell’interno 07/08/2012. I nuovi modelli, riportati in allegato al decreto DCPST n. 72 del Direttore Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica, sono obbligatori dal giorno 11/06/2018. I moduli aggiornati sono i seguenti:

  • Pin 1-2018 Valutazione Progetto
  • Pin 2-2018 S.C.I.A.
  • Pin 2.1-2018 Asseverazione
  • Pin 2.2-2018 – Cert. REI
  • Pin 2.3-2018 – Dich. Prod.
  • Pin 2.4-2018 – Dich. Imp.
  • Pin 2.5-2018 – Cert. Imp.
  • Pin 2.6-2018 Dichiarazione non aggravio rischio
  • Pin 2 gpl- 2018 S.C.I.A.
  • Pin 2.1-gpl-2018 Attestazione
  • Pin 3-2018 Rinnovo periodico
  • Pin 3-gpl-2018 Attestazione di rinnovo periodico gpl
  • Pin 3.1-gpl-2018 Dichiarazione per rinnovo
  • Pin 4-2018 Deroga
  • Pin 5-2018 Richiesta N.O.F.
  • Pin 6-2018 Richiesta Verifica in corso d’opera
  • Pin 7-2018 Voltura

I moduli sono reperibili a questo pagina web dei Vigili del Fuoco: http://www.vigilfuoco.it/aspx/Page.aspx?IdPage=737

Stephen Hawking

Qui sotto è riportato l’articolo pubblicato sul mensile “La Piazza” nel numero di Maggio 2018 (Anno XV – Numero 5) sullo scienziato Stephen Hawking scopritore della radiazione dei buchi neri.

Stephen Hawking ha lasciato questo mondo ma non è scomparso per sempre, infatti la sua stella ora brilla ancora più luminosa nel firmamento della scienza, ad indicarci la strada da percorrere per scoprire i misteri dell’universo.

Chi è Hawking?
Hawking nasce l’8 gennaio del 1942, esattamente 300 anni dopo la morte di Galileo Galilei, e muore il 14 marzo 2018, casualmente proprio 139 anni dall’anniversario della nascita di Albert Einstein. Egli è stato uno dei fisici teorici più importanti dei nostri tempi, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri e per il suo impegno nella divulgazione scientifica. Era il direttore di ricerca del Dipartimento di matematica applicata e fisica teorica dell’università di Cambridge, e per 30 anni ha occupato la stessa cattedra che era stata di Isaac Newton.

La malattia
Nel 1963 gli fu diagnostica una malattia degenerativa dei motoneuroni, che ufficialmente gli lasciava solo due anni di vita, ma nonostante ciò egli proseguì alacremente gli studi e le sue ricerche. Dagli anni ’70 è costretto sulla sedia a rotelle, dagli ’80 ebbe bisogno dell’assistenza alla nutrizione e negli anni ’90 perse la voce, ma non si arrese mai, e con l’aiuto di un sintetizzatore vocale riusciva a comunicare con una frequenza di 15 parole al minuto. Egli stesso afferma: “Non ho paura della morte, ma non sono ansioso di morire. Ho tante cose che voglio fare prima”. Nel 1965 si sposò con Jane Wilde, con la quale avrebbe poi avuto tre figli. Malgrado la sua situazione visitò tutti i continenti, addirittura l’Antartide, dimostrando che anche le persone con disabilità possono fare praticamente di tutto, senza sentirsi limitate dalla loro condizione.

Dal Big Bang ai Buchi neri
Intelligente e creativo, si dedica alla ricerca intorno a questi misteriosi gorghi densi e massicci, che riescono a fagocitare anche la luce. Applicò a questi oggetti le teorie quantistiche, scoprendo che i buchi neri perdono radiazioni e particelle, nel loro ciclo che li porta a collassare e scomparire.
La teoria sulla radiazione di Hawking, fece cambiare il modo in cui erano visti i buchi neri: da gigantesche macchine che assorbono ciò che hanno intorno a grandi sistemi di riciclo della materia e dell’energia. I calcoli che lo portarono alla scoperta furono messi in discussione per molto tempo nella comunità scientifica. Le conclusioni erano talmente strane per le conoscenze dell’epoca da far dubitare lo stesso Hawking: l’idea che alcune particelle potessero sfuggire ai buchi neri sembrava impossibile. Egli voleva trovare la vera “teoria del tutto” della fisica, una spiegazione uniforme e omogenea di come funziona tutto ciò che esiste.

Radiazione di Hawking
Dagli anni ’60 Hawking lavora con diversi colleghi per definire meglio i buchi neri, comprenderne le caratteristiche e il loro ruolo nel formare e plasmare l’universo. Grazie a quei studi arrivò alla conclusione che qualcosa riesce a sfuggire a questi gorghi apparentemente senza fondo. Studiava cose che all’epoca non erano state ancora osservate. Oggi, grazie ai telescopi sappiamo che ci sono centinaia di buchi nell’universo. La radiazione di Hawking offre gli elementi più convincenti per capire il rapporto tra i buchi neri e ciò che hanno intorno, ed apre nuovi spiragli per la comprensione della nascita dell’universo.