Qui sotto è riportato l’articolo pubblicato sul mensile “La Piazza” nel numero di Maggio 2018 (Anno XV – Numero 5) sullo scienziato Stephen Hawking scopritore della radiazione dei buchi neri.

Stephen Hawking ha lasciato questo mondo ma non è scomparso per sempre, infatti la sua stella ora brilla ancora più luminosa nel firmamento della scienza, ad indicarci la strada da percorrere per scoprire i misteri dell’universo.

Chi è Hawking?
Hawking nasce l’8 gennaio del 1942, esattamente 300 anni dopo la morte di Galileo Galilei, e muore il 14 marzo 2018, casualmente proprio 139 anni dall’anniversario della nascita di Albert Einstein. Egli è stato uno dei fisici teorici più importanti dei nostri tempi, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri e per il suo impegno nella divulgazione scientifica. Era il direttore di ricerca del Dipartimento di matematica applicata e fisica teorica dell’università di Cambridge, e per 30 anni ha occupato la stessa cattedra che era stata di Isaac Newton.

La malattia
Nel 1963 gli fu diagnostica una malattia degenerativa dei motoneuroni, che ufficialmente gli lasciava solo due anni di vita, ma nonostante ciò egli proseguì alacremente gli studi e le sue ricerche. Dagli anni ’70 è costretto sulla sedia a rotelle, dagli ’80 ebbe bisogno dell’assistenza alla nutrizione e negli anni ’90 perse la voce, ma non si arrese mai, e con l’aiuto di un sintetizzatore vocale riusciva a comunicare con una frequenza di 15 parole al minuto. Egli stesso afferma: “Non ho paura della morte, ma non sono ansioso di morire. Ho tante cose che voglio fare prima”. Nel 1965 si sposò con Jane Wilde, con la quale avrebbe poi avuto tre figli. Malgrado la sua situazione visitò tutti i continenti, addirittura l’Antartide, dimostrando che anche le persone con disabilità possono fare praticamente di tutto, senza sentirsi limitate dalla loro condizione.

Dal Big Bang ai Buchi neri
Intelligente e creativo, si dedica alla ricerca intorno a questi misteriosi gorghi densi e massicci, che riescono a fagocitare anche la luce. Applicò a questi oggetti le teorie quantistiche, scoprendo che i buchi neri perdono radiazioni e particelle, nel loro ciclo che li porta a collassare e scomparire.
La teoria sulla radiazione di Hawking, fece cambiare il modo in cui erano visti i buchi neri: da gigantesche macchine che assorbono ciò che hanno intorno a grandi sistemi di riciclo della materia e dell’energia. I calcoli che lo portarono alla scoperta furono messi in discussione per molto tempo nella comunità scientifica. Le conclusioni erano talmente strane per le conoscenze dell’epoca da far dubitare lo stesso Hawking: l’idea che alcune particelle potessero sfuggire ai buchi neri sembrava impossibile. Egli voleva trovare la vera “teoria del tutto” della fisica, una spiegazione uniforme e omogenea di come funziona tutto ciò che esiste.

Radiazione di Hawking
Dagli anni ’60 Hawking lavora con diversi colleghi per definire meglio i buchi neri, comprenderne le caratteristiche e il loro ruolo nel formare e plasmare l’universo. Grazie a quei studi arrivò alla conclusione che qualcosa riesce a sfuggire a questi gorghi apparentemente senza fondo. Studiava cose che all’epoca non erano state ancora osservate. Oggi, grazie ai telescopi sappiamo che ci sono centinaia di buchi nell’universo. La radiazione di Hawking offre gli elementi più convincenti per capire il rapporto tra i buchi neri e ciò che hanno intorno, ed apre nuovi spiragli per la comprensione della nascita dell’universo.

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